Prima personale in galleria dedicata a Paul Jenkins, l’esposizione riunisce circa 15 opere dell’artista ripercorrendo l’intero percorso del pittore americano. La mostra include opere seminali dalla seconda metà degli anni Cinquanta fino a creazioni più recenti della fine degli anni Ottanta, con l’intento di presentare al pubblico italiano uno dei più significativi pittori astratti del secondo dopoguerra.
Grazie a un approccio pittorico libero e intuitivo, le opere in mostra dimostrano la specificità della pittura di Jenkins, emblema delle potenzialità del colore e delle sue infinite metamorfosi emozionali. Il progetto ruota intorno a un nucleo di opere storiche e di grandi dimensioni realizzate negli anni Cinquanta in dialogo con altre più tarde dalle tonalità più morbide, proiettate verso la riflessione interiore e il misticismo.
Le opere di Jenkins sono caratterizzate da ampie colature di colore sovrapposto tali da creare velature vitree, effetti di trasparenza e visioni traslucide. Se i suoi primi lavori sono realizzati a olio, a partire dal 1959-1060, l’artista passa gradualmente all’acrilico, mezzo questo che aumenta l’effetto di trasparenza e sovrapposizione cromatica.
“Abstract phenomenist” come lui stesso amava definirsi e influenzato dalle teorie del colore di Goethe, a partire dalla fine degli anni Cinquanta, Jenkins decide di far precedere i titoli delle sue opere con il termine “phenomena” seguito da una parola chiave o una frase. Eseguiti in acrilico, nei Phenomena Jenkins determina il flusso di colore grazie a un coltello d’avorio, strumento che gli permette di controllare e modellare il pigmento diluito senza lasciare segni sulla superficie.
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